E per fortuna la Guerra era finita Valle Brembana (2^ parte)
Giupponi Giuseppe (Fuì)

Ciascuno preparò il proprio giaciglio. I tre, che coraggiosamente si erano addormentati sotto il faggio, al mattino si ritrovarono all'interno della baita accovacciati accanto ai compagni per recupare il freddo patito. Fu l'allegro abbaiare di Diana a svegliarli, anche se il Capelli e il Vanni erano già pronti per ripartire a "caccia" di armi. "Che bello sarebbe", esclamò il Vanni dando una sberla sul culo del compagno "se mi riuscisse di trovare un'arma, o anche solo un caricatore o una bomba a mano. Sarebbe un bel ricordo!". Il Geo aveva preparato una vaschetta piena d'acqua , che aveva recuperato da un mastello collegato con la foce del tettto, nel piccolo abitacolo a mò di cucina, sprangata; ma per lui non c'era chiusura che tenesse. Per colazione c'era latte e frutta in abbondanza. Era uno splendido mattino con il sole che stentava a superare il Venturosa, ma che a sprazzi infuocava dalle conche del Baciamorti e del Grialeggio. Il Medolago e il Barola scelsero per compagno il Fuì che aveva deciso di fare una corsa alla "Baita del Pegherol" dove era stato ucciso un sergente della forestale. "Gli ho sparato dietro un caricatore intero di moschetto" raccontava il Fuì "Ma lui continuava a scappare con in mano il parabellum del Mario di Marmore, che se l'era fatto ingenuamente strappare". Attenti i compagni seguivano il suo racconto.

"Il sergente ogni tanto si fermava e si voltava per colpire il partigiano che lo rincorreva disarmato. Ma inutilmente. Il parabellum non sparava più. Finchè, in fondo al prato, ansante, fu fatto fuori da un colpo secco di moschetto del Camillo di Cusio". Sorrideva il piccolo partigiano e continuò: "Se fosse stato per me chissà quante volte sarebbe scappato!" e concluse sollevato: "Per fortuna il Camillo tirava meglio di me". Poi il ritorno, un po' melanconico. Il Medolago camminava lento e pareva preoccupato. "Che hai?" gli chiese il Barola. "Sto pensando a ciò che ieri sera ci ha detto il Raffaele sulla probabile presenza di tutti questi fascisti che non si vogliono arrendere". Giunti alla baita, il Morali volle sapere per filo e per segno l'episodio della morte del sergente che, di stanza a San Giovanni, abitava nella sua medesima casa e faceva l'amore con una delle due figlie, quella bionda, del Petacci, l'allora segretario politico. "Propé bèla chèla là" poi in italiano "Una ficcona incredibile" disse e intanto si grattava in mezzo alle gambe. Verso l'una i ragazzi c'erano tutti. Mangiarono di voglia. C'era pronta una polenta fumante anche se un po' troppo molle per i gusti del Capelli. Poi dei cotechini, una gallina, dello stracchino e dell'altro ancora. Il sole scaldava e tutti erano contenti anche se un po' stanchi. Il Vanni aveva trovato un pezzo di bomba a mano inglese e un caricatore di "Sten". Era straordinariamente felice, li mostrava a tutti come se avesse trovato un tesoro. Continuava a parlare e a mangiare delle pere. Alla fine si accorse di averne mangiato più di un chilo. Ma stava bene. Scorsero così all'aperto un paio d'ore con il sole che vinceva gli spifferi di aria fredda che provenivano da nord. Quando il Fuì e il Medolago si alzarono per infilare gli scarponi, furono beffati dalle risate del Barola e del Geo che glieli avevano riempiti di polenta.

"Che brutti sacramenti siete!" fece il Fuì e pazientemente si mise a ripulirli con il manico di un cucchiaio. Nemmeno il Medolago se la prese a male. "Soni i soliti due stupidi" pronunciò sottovoce. Ma, un paio di minuti dopo, il silenzio fu rotto da un secco colpo di fucile, richiamato dal rimbombo delle montagne. Poi un altro boato seguito dal latrare della cagna. "Che ci fanno in giro i cacciatori nel mese di maggio?" riflettè il Morali. "Boh" gli fece eco il Barola e continuò: "Comunque sono qui vicini". Trascorsero un paio di minuti pieni di trepidazione e i colpi diventarono scariche di mitra e di fucileria più qualche boato di bomba a mano. Si trattava di un vero e proprio attacco contro di loro con i proiettili che arrivavano addosso da tutte le parti. "Ce l'hanno con noi" urlò il Capelli e corse verso l'entrata della baita. "Tutti al riparo" gridò il Fuì con il Vanni che lo teneva per mano. La sparatoria si infittiva smpre di più e qualche proiettile, fischiò oltre la finestra, forando il muro interno della baita. "Sono sicuramente dei fascisti" fece il Capelli. "Poveri noi" mormorò il Geo che su invito del Fuì stava cercando un fazzoletto bianco da usare in segno di resa. Furono due minuti di inferno. Il Medolago, fuori di testa, uscì a rincorrere la Diana, che s'era messa ad abbaiare contro gli sparatori. "Sei matto!" gli urlò il Fuì richiamandolo con rabbia.

Il Vanni continuava a tenerlo per mano e a farsi dei segni di croce con la destra. Vari padri, figlioli e spiriti santi detti uno dietro l'altro senza ricordarsi dell'amen. Di botto i colpi tacquero e si sentì una voce abbastanza vicina che intimava di arrendersi e di uscire con le mani in alto. "altrimenti vi bruciamo!". Era uno, là sul fondo del prato. Il Fuì, che si trovava a lato della porta della baita, gridò: "Fuori tutti!" e uscì con le mani alzate trascinandosi il Vanni. Poi intimò al Capelli di disfarsi del tesserino di partigiano e richiamò il Medolago che se ne usciva con le mani in tasca. "Metti su ‘ste mani, vuoi proprio farti accoppare subito". Di là erano diventati una ventina. Venivano avanti lentamente, a semicerchio. "Su le mani, senza far scherzi, brutti bastardi!" urlò un paio di volte uno che pareva il capo: portava il cappello di alpino e aveva la barba e i capelli lunghi. Pur paralizzati dalla paura e dall'ansia, i sette ragazzi ce la fecero a raggiungere il gruppo più vicino degli assalitori. Questi erano vestgiti con fogge diverse anche se di marca militare. Alcuni portavano dei cappelli di alpino, altri dei copricapo alla russa. Erano armati fino ai denti e ogni tanto qualcuno sparava sventagliate di mitra o colpi di rivoltella, di qua e di là. "Che volete da noi?" sussurrò il Fuì "Non vedete che siamo dei ragazzi che stanno facendo una gita?". Ma dagli altri arrivavano parolacce ed insulti. "Fuciliamoli subito, queste canaglie" urlò uno da dietro. "Non perdiamo tempo" biascicò un altro. Davanti ce n'era uno piccoletto e barbuto, con i gradi di sergente, che ci ordinò con fare militare: "Fuori le armi!". "Quali armi?" risposero timidamente il Fuì ed il Capelli assieme. Ma non fu facile far capire che non erano armati, anche perché gli attaccanti erano convinti che loro avessero risposto al fuoco, ingannati dalle bolle di polvere che le loro pallottole provocavano forando la facciata della baita. Furono attimi di grande tensione. Assalitori ed assaliti, erano, gli uno e gli altri, convinti di avere di fronte una banda di fascisti in fuga. "Durò l'equivoco" raccontò poi il Medolago che ansava dallo spavento "una decina di minuti fino a che comparvero da dietro un masso, tre uomini armati e vestiti all'inglese che attirarono l'attenzione di tutti. Sentii dire che quello nel mezzo era il comandante Granata. E fu subito festa, anche se personalmente faticai un po' a capirci qualcosa".

Granata, tenente della polizia partigiana, era un ex finanziere di stanza a San Pellegrino Terme, che era stato accompagnato tra i partigiani di Taleggio dal Fuì nel settembre '44. I due si abbracciarono, fra la meraviglia dei più e la contentezza di tutti. La voglia di fucilare e di uccidere era del tutto svanita. "Che razza di fascisti abbiamo catturato!" sogghignò il comandante. Spiegò a tutti la causa dell'equivoco che poteva diventare fatale. Al comando della polizia partigiana di Bergamo erano giunte alcune telefonate, (anche di persone influenti) da Taleggio che attestavano la presenza sulle montagne di una banda di ex repubblichini "Si pensò subito alla eventuale presenza del capitano Resmini delle brigate nere, che è tuttora uccel di bosco e si organizzò questo rastrellamento". Durante la discesa lungo la piana dell'Alben, i sentieri e le cavallere, gli ex partigiani e i ragazzi cantavano "Bella ciao" e altre canzoni popolari. Giunti a Pizzino si trovarono in mezzo ad un mucchio di gente che aspettava… Resmini e i suoi. E invece… Bevvero e mangiarono qualcosa poi salirono su un camion a rimorchio, che partì sbuffando nuvolacci neri. L'ufficiale raccontò che il suo gruppo era interamente formato da ex partigiani della Val Serina, quelli di Renato, coi quali era passato dopo il tradimento di Gastone.

E i nostri ragazzi come stavano? Il Fuì e il Capelli erano tirati, ma sereni. Il Medolago vomitava oltre la spalliera del camion custodito dalla Diana mesta, taciturna e con gli occhi grandi come una casa. Il Vanni cercava qualcuno che gli regalasse anche solo una pallottola. Il Barola lamentava qualcosa alla testa che lo rendeva insicuro. Il Morali continuava a discutere con due poliziotti di libertà e di democrazia. Lui stava dalla parte degli americani, gli altri contro. Il Geo parlava un po' con tutti scroccando qua e là qualche sigaretta. Intanto il camion era arrivato a San Giovanni Bianco . Così andò a finire quella gita dei sette ragazzi al rifugio Alben. Quando si salutarono il Fuì raccomandò al Granata di salutargli il capitano Diaconale, comandante della polizia partigiana di Bergamo, il quale aveva fatto più volta la staffetta fra lui, funzionario repubblichino e la brigata della Val Taleggio. "Quello che ha quella bella moglie mora" ghignò a mezza voce il Morali al Barola, pizzicandogli la natica. Poi si lasciarono. Il camion ripartì sbuffando per Bergamo e i ragazzi tornarono a casa con il cuore ancora in tumulto.






Ambiente naturale orobie le Orobie Occidentali della provincia di Bergamo.
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Una giornata da cascio in alpeggio correva l'anno 1953, i nostri alpeggi in alta Valle Brembana.
Acqua prezioso dono delle nostre Montagne specchi d'acqua quelli naturali residui di antichissimi ghiacciai.
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Vita nel Rifugio Benigni ...è una giornata tiepida, il sole splende e la vista sulle montagne della Valtellina.
Sussia abbandono o rinascita. Sussia e' un' antica frazione sopra San Pellegrino Terme raggiungibile percorrendo un'ora di mulattiera.
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Escursione al Monte Aga ci alziamo di buon ora, la nostra meta quest'oggi è il Monte Aga in alta Val Brembana.







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