40 milioni di anni fa, la storia paleontologica
della Valle Brembana


Il primo fu Antonio Baroni, la celebre guida di Sussia. Conosceva il territorio della Valle Brembana come le sue tasche, ma quel giorno in cui, del tutto casualmente, posò gli occhi su un sasso che presentava delle tracce inconsuete, non si limitò a considerarlo una stranezza. Lo raccolse e lo consegnò a don Enrico Caffi, naturalista di San Pellegrino Terme, destinato poi a dirigere il museo di Storia Naturale di Bergamo. Lo studioso comprese subito l'importanza di quel "sasso." Si trattava di un pesce fossile, lungo cinque centimetri, perfettamente conservato.

Correva l'anno 1902. Quel casuale rinvenimento – altri hanno studiato la zona dove Baroni aveva trovato il fossile, in località Vettarola, nei pressi di S. Pellegrino Terme, ma non è stato più rinvenuto niente – ha dato inizio alla storia delle scoperte dei fossili in Valle Brembana, oggi considerata un sito di grande importanza anche a livello internazionale, soprattutto per quanto riguarda il periodo Norico. Il pesciolino raccolto dalla guida alpina è un folidoforo, che è stato poi chiamato "Parapholidophorus caffii", in onore di don Caffi che per primo lo studiò segnalando la presenza di fossili nel bacino del Grembo, è un po' il simbolo del museo brembano di scienze naturali di S. Pellegrino Terme. Il piccolo fossile è ora conservato nel Museo di Bergamo, ma la sua storia è ben presente nelle sale di Villa Speranza, acquisita dal Comune di S. Pellegrino Terme per farne il principale centro culturale della cittadina termale. Nella palazzina sono infatti collocati la biblioteca civica e il Museo di scienze naturali, che vi ha aperto le proprie sale. Come fu casuale la scoperta di Antonio Baroni, altrettanto casuale è stato il rinvenimento dello strato di fossili del Norico, che ha dato notorietà internazionale in campo paleontologico a tutta la Valle Brembana. Si stava tracciando una strada a Endenna e lo scavo portò alla luce un giacimento fossile. Su di esso si concentrò l'attenzione degli appassionati ricercatori, ai quali si deve la ricchezza e l'importanza del materiale esposto nelle sale.

Il Museo brembano, di cui è presidente il dott. Silvano Ghepardi, ha trovato una bella e moderna collocazione a Villa Speranza nel 1996, ma si può dire che la sua realizzazione trae origine proprio da quel giorno del 1978 quando la ruspa aprì un varco nelle ere più antiche della terra. Nel Norico il mare copriva buona parte della Valle Brembana; era un mare ricchissimo di vita; pesci di ogni dimensione, crostacei, molluschi, che rimasero intrappolati in una pozza. Una serie fortunata di circostanza fece sì che su pesci, crostacei, molluschi, morti per assenza di ossigeno, si depositassero rapidamente dei sedimenti, che ne protessero i corpi avviando il processo di fossilizzazione. La storia dei fossili brembani va dall'era Paleozoica all'inizio della Mesozoica. Nelle vetrine della sala dedicata alla paleontologia sono esposti circa 1.500 pezzi, il cui studio ha consentito di documentare in modo completo la nascita della Valle Brembana compresa nel territorio che va dai Ponti di Sedrina fino all'estremo limite della Catena delle Orobie bergamasche. In tutto 40 milioni di anni. Un contributo rilevante è venuto dalle appassionate ricerche di Pietro Gervasoni, per il quale si può proprio dire che le pietre brembane (e naturalmente i fossili) non hanno segreti. I fossili più antichi sono del periodo Permiano, ma il periodo che più ha richiamato l'interesse degli studiosi e che più affascina i visitatori del Museo di San Pellegrino Terme per la ricchezza e la varietà dei fossili esposti è il Triassico, con il Norico di Endenna. Ci sono tra l'altro, pesci volanti, pesci della barriera corallina, pesci predatori e anche resti di rettili. Molti fossili sono unici nel loro genere, e in alcuni casi si tratta di specie nuove, mai trovate altrove. Il Museo di S. Pellegrino Terme è interessante non solo per la presenza di reperti paleontologici. Importanti raccolte sono esposte in altre due sale: quella dedicata all'entomologia e alla zoologia. La realizzazione della prima è stata possibile grazie alla grande passione di un entomologo di S. Pellegrino Terme, Attilio Torrioni, il quale nel corso della sua vita collezionò migliaia e migliaia di farfalle. Gli esemplari raccolti sono circa 6.000 e appartengono a circa 800 specie di farfalle, tutte esistenti nella Valle Brembana. Nella terza sala sono esposti 80 esemplari della fauna selvatica, curata con competenza da Flavio Galizzi, e tra non molto la rassegna verrò arricchita da un diorama.



di Cappellini  tratto dall'Annuario del C.A.I. alta Val Brembana - Foto Piazza

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