Dominique Vivant Denon
L'avventuroso viaggio lungo la Strada Priula (seconda parte)
di un giacobino in piena Rivoluzione Francese
di Tarcisio Bottani

La cena fu come quella di Mezzoldo. Come erano lontane le delicatezze asiatiche di San Giovanni Bianco! Per entrare nel locale che chiameremo camera da letto, bisognò aspettare che il fuoco si fosse spento, perché il fumo che vi entrava non si era poi in grado di farlo uscire; bisognava, dunque, attendere che il fuoco si estinguesse.

Ero destinato a dormire con la mia guida. Avevamo messo sulle coperte tutti gli stracci che avevamo, eravamo oppressi dal peso e tuttavia sentivamo ugualmente il freddo. A questa altezza l'aria è così leggera e penetrante che il calore del sangue non può mantenersi se non con il fuoco o il movimento. A mezzanotte s'alzò il vento e mi spaventai al pensiero che ci saremmo dovuti fermare in quella tana. Il vento si calmò al sorgere del sole. Ci alzammo per accendere il fuoco. Si fece la polenta e partimmo con due uomini della famiglia, la mia guida e il facchino sulle cui spalle era la metà del bagaglio. Presto arrivammo alla Casa San Marco, che sembrava migliore di Ancogno anche se dissero che era ancora più fredda ed era più difficile rifornirla di fieno. Lasciammo il cavallo che non sarebbe stato in grado di seguirci.

Una mezz'ora di marcia dopo la Casa, seguendo picchetti che indicano il percorso in mezzo alla neve, raggiungemmo la sommità del passo. Mi fermai un istante per contemplare l'aspetto del luogo. Fa parte dell'istinto dell'uomo volersi sempre elevare in tutti i sensi, credendo o di scoprire cose nuove o di accostarsi della felicità. Il passaggio delle Alpi può disincantarlo. Arrivato in cima alla vetta, egli non vede che sommità altrettanto tristi del punto che egli occupa, non prova che l'inquietudine dell'isolamento, niente di ciò che lo circonda è a lui omogeneo. Il silenzio lo spaventa, crede di essere rimasto solo nell'universo, niente gli ricorda la sua vita se non il dolore che prova. Il sole senza calore non lo rianima più, l'aria, anziché dilatare opprime i polmoni, la natura lo respinge e sembra minacciarlo di avere voluto violare i suoi segreti. Mia Bettine, arrivato alla cresta dell'ultima sommità mi voltai ancora, pronunciai il tuo nome; mi sembrò, scagliandolo nello spazio, di riempirne l'universo. Dall'altro lato della montagna la neve era compatta e il procedere ancor più disagevole. Nella prima ora di discesa, più che andare svelti, ci proccupammo di scendere  assai cauti. Era sufficiente camminare sui talloni e tenerci con il corpo all'indietro, ma quando la neve cominciò a mancarci, non essendo più che un ghiaccio friabile, facemmo molti passi falsi.

Arrivati ai Dossi, una località simile a Mezzoldo, ci imbattemmo nel peggiore degli inconvenienti: una quantità di sorgenti le cui acque, attraversando i sentieri, li ricoprivano di un ghiaccio tanto scivoloso quanto trasparente. Niente ci spaventò come il mettere piede su tali lastroni di ghiaccio inclinati verso un precipizio di 500-600 piedi. Avevamo quasi un miglio e mezzo da percorrere in queste condizioni, durante il quale non osai un solo momento drizzarmi o fare un passo intero. La guida ed io non avevamo scarpe ferrate; fummo obbligati venti volte a chiamare aiuto quando, costretti a gettarci sul ventre per non precipitare, non sapevamo come fare per rialzarci. Malgrado il freddo che faceva, arrivammo in fondo a questa vallata pericolosa, impregnati di sudore e con i nervi contratti dalla fatica e dalla paura. Pensai spesso, lottando contro il pericolo: se la mia povera Bettine mi vedesse in queste condizioni, che sofferenza! Siccome quasi tutto non è che confronto, le rocce laceranti incontrate nella salita non ci sembrarano altro che un tappeto erboso.

Subito dopo trovammo i castagni, un clima tollerabile, un bel sole, delle persone. Pranzammo ad Albaredo; poi scorgemmo la Valtellina e Morbegno le quali, ancora per confronto, ci sembravano l'una e l'altra vaste e sontuose. Oggi, tuttavia, ho verificato che dai piedi della montagna dove è costruito il paese fino ai piedi di quella di fronte dove scorre l'Adda, la traversata della valle si compie in 12 minuti, e se a Morbegno non si considerano la chiesa e tre case, non resta altro che un villaggio che il sole in inverno riscalda non più di tre ore al giorno. La sensazione che resta dopo simili traversate è quella di aver compiuto un gran viaggio. Non ci si può persuadere che ci sono solo due giorni di cammino tra il luogo dove ci si trova e quello donde si è partiti. Tutto ciò che si è visto è così estraneo ai modi d'essere attuali che si crede di essere venuti dallo Spitzberg o dalle terre Australi. Bisogna sempre credere a tutto ciò che si racconta dei viaggi di montagna, perché il minimo avvenimento moldifica talmente le circostanze che un giorno non assomiglia per niente a un altro. Ciò che era facile ieri è pericoloso oggi, impossibile domani.

Ecco, amica mia, dove sono. Di tre lati, il solo aperto dalla natura è chiuso a causa della guerra. A due ore da qui sono sul Milanese e le lettere vi passano. Il mio primo pensiero è stato di informarmi dell'arrivo delle lettere, arrivano da Venezia a Bergamo in due giorni e mezzo, ne impiegano sette per arrivare sin qui; altri quattro per partire, ciò fa ventidue per la risposta. Come se fossimo a trecento leghe! Sono raccomandato alla persona più importante del luogo, che ha il miglior cuore del mondo, ma amica mia… qui non si odiano i francesi ma le derrate sono costose. Siamo qui in due, se ne arrivano altri due bisognerà partire tutti e quattro. Si dice che a Lugano, che è una città importante, sono stati mandati via perché il paese cominciava a mormorare. Ci crederesti che in tutto il paese, dove il sole non si vede che per tre ore, non c'è una stanza con un camino, solo un po' di fuoco in cucina e in qualche casa una stufa, che diviene luogo pubblico dove si entra, si esce, si gioca, si beve? Sono ancora nella locanda e mentre ti scrivo batto i denti.

Forse fra qualche tempo saprò parlare del prezzo del fieno, del frumento e delle castagne, ma finora non so dire nulla. Forse imparerò a mangiare e bere, e dimenticherò di disegnare e leggere. Credo che il mio protettore stia per portarmi in casa sua, ma non credo che le mie condizioni miglioreranno molto. Qui non ho amici al di fuori del mio giaciglio, lo guado con compiacimento, è il confindente dei miei pensieri, solo qui ho caldo a mio agio. Mi aiuta a divorare le ore e siccome vi resto a lungo e non dormo profondamente, ti sogno tutte le notti. Il corriere non passerà prima di sabato 15. Se non mi porta nulla di te, divento pazzo. E' sulla base delle tue letture e sulla speranza che mi darai che modellerò la mia condotta. Se il mio soggiorno dev'essere lungo, bisogna che raggiunga il nostro ministro a Baden. Se gli scrivo e lui ritiene che debba andare là, bisognerà che vada. Ah amica mia, come ci siamo ridotti! In che modo a poco a poco la sfortuna ci ha colpiti! Voglia il cielo che non seguano miseria e disperazione. Oggi è il 12. Devo ancora aspettare tre giorni per la tua lettera. Quanto ne ho bisogno! Temo e sospetto di tutto. Mai si è tanto desiderato d'essere ingiusti. Addio, non ho bisogno di dirti quanto ti adoro. Tante care cose a tutti coloro che lo meritano.


Traduzione di Paola Palermo e Giulio Orazio Bravi






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